Non han bisogno di andarsene, Date lor voi da mangiare.
Nonostante le conoscenze del nostro tempo ed i progressi in ogni campo del sapere umano, la scarsità di acqua, di cibo, di risorse economiche ed energetiche affligge larga parte delle popolazioni mondiali. Ma di maggiore gravità è la povertà spirituale che affligge anche quanti vivono nell’apparenza del benessere materiale. Chi potrà sfamare il bisogno dell’anima? Ai cristiani - apostoli ed ambasciatori di Cristo - è affidato l’alto compito di spargere l’Evangelo e porgere la Parola di Dio, poiché la fede viene dall’udire e l’udire si ha per mezzo della Parola (Romani cap. 10, verso 17). Il problema è che spesso i cristiani si sentono vuoti, poveri e senza nulla da dare. Ma noi procediamo per fede, credendo in Colui che ha fatto le promesse e sapendo che lo stesso Spirito Santo che ha risorto Cristo d’infra i morti è lo stesso che opera ancora oggi in noi. Per questo l’apostolo Paolo dice: Io posso ogni cosa in Cristo che mi fortifica” (Filippesi cap. 4, verso 13). Sappia allora il cristiano, per fede, di essere forte e ricco in Cristo, il quale di fronte alla povertà umana incoraggia i veri credenti ad essere benedizione per gli altri: “Non han bisogno di andarsene; date lor voi da mangiare” (Matteo cap. 14, verso 16).

In questi tempi di forti contrasti e difficoltà, anche i più credenti e forti possono vacillare ed avere momenti di debolezza e sconforto. Tutti noi siamo soggetti alle intemperie, alle tempeste ed a volte i problemi sembrano montagne e non si riesce a scorgere oltre.
“Io vi ho amati, ha detto il Signore. E voi avete detto: in che ci ha amati?” (Libro del Profeta Malachia, cap. 1, verso 2). L’ingratitudine è un sentimento diffuso tra gli uomini, pronti a possedere, a prendere con facilità; ma pronti, altresì, a dimenticare, con altrettanta facilità, la fonte del proprio bene. Pensiamo al popolo d'Israele, inclinato alla grazia di Dio per elezione; eppure, sempre ingrato e ribelle, dal "collo duro", pronto a rivolgersi agli idoli, a sviarsi, a rigettare la pietra angolare.
Le moderne società hanno investito sul primitivo istinto dell’uomo al possesso delle cose ed al desiderio di possedere. Tanto da creare sentimenti di desiderio verso oggetti considerati oggi irrinunciabili; si pensi all’idea dell’ultimo modello, laddove il pensiero dei nostri nonni degli anni ’30 o ’40 era riuscire ad apparecchiare tavola. L’odierno superfluo che si traduce spesso, anche nelle fasce più giovani e persino di bambini, in brama incontrollata fonte di ansia, prevaricazione ed invidia. Ci aiuti il Signore a resistere a tali tentazioni mondane ed a sbarazzarci dell’avidità e di ogni insano o comunque inutile desiderio, vizio, rancore e invidia. Vanità delle vanità, ogni cosa è vanità, dice l’Ecclesiaste. “Quando vi sono cose assai, esse accrescono la vanità; e che vantaggio ne ha l’uomo? (Ecclesiaste, cap. 6, verso 11). Paolo dirà: “Io sono crocifisso con Cristo; non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me” (Galati, 2:20). “Ma le cose che mi erano guadagni, quelle ho reputato danno per Cristo…. per l’eccellenza della conoscenza di Cristo Gesù, mio Signore, per il quale io ho fatta perdita di tutte queste cose..” (Filippesi, 3: 7-8). Potrebbero sembrare teorie, parole astratte; invece Gesù va sul concreto e indica un uomo: Giovanni Battista, la voce d’uno che grida nel deserto. Un uomo che vestiva “di pel di cammello ed una cintura di cuoio intorno ai lombi, ed il suo cibo erano locuste e miele selvatico” (Evangelo di Matteo, 3:4). Del Battista, Gesù prese a dire: “che andaste voi a vedere nel deserto? Una canna dimenata dal vento? …Ma pure che andaste a vedere? Un profeta? sì certo, vi dico, e più che profeta….. Io vi dico in verità, che fra quelli che son nati di donne, non sorse giammai alcuno maggiore di Giovanni Battista” (Matteo, 11, verso 7 e ss.).
La pesantezza dei giorni spesso ci priva della pace interiore e della giusta prospettiva delle cose. Quando siamo nella difficoltà, anche la più estrema, riponiamo piena fiducia in Cristo, Colui che per amor nostro ha dato la propria vita. E dormiamo sereni confidando nel Signore. Per questo l’apostolo Paolo ripete: “Rallegratevi del continuo nel Signore; da capo dico, rallegratevi… non siate con ansietà solleciti di cosa alcuna; ma siano in ogni cosa le vostre richieste notificate a Dio, per l’orazione e per la preghiera, con ringraziamento. E la pace di Dio, la qual sopravanza ogni intelletto, guarderà i vostri cuori, e le vostre menti, in Cristo Gesù” (Paolo ai Filippesi, cap. 4, versi 4-7). Se allora sappiamo in chi abbiamo creduto e riponiamo i nostri pesi ai piedi del Maestro, siamo anche liberi di godere le benedizioni del nostro Signore; per questo, rallegriamoci e la nostra gioia sia piena in Cristo Gesù. 


